21 MAGGIO 1893: NASCE A PALERMO IL PARTITO SOCIALISTA SICILIANO
Oggi
ricorre il centonovesimo anniversario della fondazione del Partito Socialista Siciliano: in quel lontano giorno del 1893 si tenne a Palermo il primo congresso dei socialisti di Sicilia, allora organizzati nel movimento dei Fasci. Accorsero oltre cinquecento delegati, più di quattromila persone ad assistere, donne e giovani vi presero parte in massa: si costituì un nuovo soggetto che rappresentò un’esperienza siciliana autoctona, originaria, innovativa, rivoluzionaria ma non ribelle. Grazie ai Fasci,
il mondo per una volta aveva guardato all’isola dei tre capi con spirito d’imitazione: l’imperativo era di replicare l’esperienza siciliana, da Napoli a Venezia, da Nizza a Nuova York. Il Partito Socialista Siciliano affondava le sue radici proprio nella componente riformista dei Fasci, pur includendo anche tendenze estremiste. Il gruppo dirigente, al cui interno spiccavano i nomi del meridionalista catanese Giuseppe De Felice Giuffrida e del giovanissimo repubblicano panormita Rosario Garibaldi Bosco, aderì da subito al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani di Filippo Turati, il quale lo esaltò e lo difese a spada tratta.
Dunque, pur in un rapporto fitto e dialettico con il socialismo italiano, i compagni siciliani di allora sono stati capaci di partorire una proposta adeguata alla sete di giustizia sociale delle masse lavoratrici, che all’inizio Antonio Labriola e i marxisti ortodossi guardarono con sospetto.
Col passare degli anni, la Sinistra siciliana non si è fermata ai fasti dell’epopea di fine Ottocento: Vincenzo
Vacirca, Francesco Lo Sardo e Riccardo Lombardi hanno testimoniato la necessità di una forza progressista, laica e libertaria che sappia farsi carico delle diverse istanze della composita società siciliana, adattandosi ad essa come il regolo lesbio di Aristotele.
Oggi, in un momento di disorientamento per la Sinistra isolana, precipitata al minimo storico, i socialisti siciliani vogliono essere un punto di riferimento per tutta quell’area liberale, riformista, repubblicana e radicale, notevolmente diramata nel tessuto sociale locale, ma ad un tempo costretta a patire un deficit di rappresentanza politica.
In Sicilia esistono tuttora sensibilità che si esprimono anche mediante lo spontaneismo e che si trovano ad agire
conformemente ad ideali socialisti pur senza dichiararsi tali o malgrado storie personali passate diverse.
La nostra abilità, come socialisti siciliani, deve essere di reperire, citando J.F.Kennedy, una “nuova frontiera”, delle tematiche in grado di riattualizzare il nostro patrimonio con la stessa passione d’un tempo ma con gli strumenti e le problematiche offerte dalla modernità, in nuovi terreni di confronto.
Una “Nuova frontiera” può essere un rinnovato impegno di lotta alla mafia,
oggi sotterranea e dal basso profilo, che opprime i siciliani non meno di quella combattuta da Fasci, così come la battaglia per l’acqua o la lotta alla disoccupazione e all’abusivismo.
Con la nostra cultura laica, repubblicana, gradualista e garantista, vogliamo indicare una nuova via siciliana al riformismo, rifiutando il giacobinismo giustizialista moraleggiante estraneo alla Sinistra e cavalcato pericolosamente da alcune sue componenti estremiste: la Sicilia ha bisogno di fatti e di passione ideale. Ci insegna infatti Turati che “la ferocia dei moralisti è superata soltanto dalla loro profonda stupidità”. La politica è sempre stata un servizio nell’ottica dei socialisti: ci
rivolgiamo a tutta l’area progressista affinché ci aiuti a ripartire con un “nuovo corso” del socialismo di Sicilia.
ANTONIO
MATASSO per
I SOCIALISTI RIFORMISTI SICILIANI
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