VENT’ANNI
DI MALGOVERNO FASCISTA
di
Antonio Canepa – da
“La
Sicilia ai Siciliani!”
(1944, firmato con lo pseudonimo di “Mario
Turri”)
Che cosa potevamo aspettarci di buono da un governo come quello di Mussolini che ha calpestato e rovinato tutto il popolo italiano?
E che cosa potevamo aspettarci in particolare noi siciliani, quando il maestro e l’ispiratore di Mussolini, Alfredo Oriani, non si era vergognato di definire la Sicilia: “Cancro al piede d’Italia; provincia nella quella né costumi né leggi civili sono
possibili?”.
Che cosa potevamo aspettarci da un uomo con simili idee?
Prima ancora di arrivare al governo i fascisti incominciarono a vessare il popolo siciliano con incendi, devastazioni, batoste e assassini. Distrussero le leghe dei contadini, le cooperative operaie, le camere del lavoro, le case del popolo, i circoli democratici, repubblicani e socialisti, tutte insomma le organizzazioni esistenti nei nostri paesi e nelle nostre città.
É forse necessario che io ricordi ai siciliani le sopraffazioni di questi ultimi vent’anni?
Occorre che ricordi come ci hanno schiacciati sotto una montagna di tasse? Non erano due mesi che stava al governo, e già Mussolini, con un decreto, applica l’imposta di ricchezza mobile ai salari e alle mercedi giornaliere degli operai. Ecco l’amico della povera gente! Qualche giorno dopo, altro decreto per la revisione generale degli estimi fondiari: il reddito imponibile in Sicilia, da 48 milioni, viene improvvisamente aumentato a 127 milioni! Il 4 gennaio 1923, nuova tassa sui redditi agrari! Nello stesso 1923, altra nuova tassa: l’imposta complementare sul reddito, per la quale la Sicilia paga già nel 1926 sei milioni all’anno, nel 1930 dodici milioni all’anno! E questi non sono che i primi passi del malgoverno fascista!
Occorre che ricordi la prepotenza del prefetto Mori, questo losco poliziotto che per più anni terrorizzò tutta l’isola? Col pretesto di distruggere la mafia, egli distrusse invece la pace, la libertà e l’onore di innumerevoli galantuomini. Imbastì colossali processi in cui gli innocenti vennero condannati a centinaia; o, assolti dai magistrati, vennero dal prefetto mandati al confino. Ma i magistrati dovevano condannare; il Procuratore Generale Giampietro (manutengolo della Questura, al quale Diego Tajani, se fosse potuto uscire dalla tomba, avrebbe sputato in faccia) costringeva a condannare: egli rimandava indietro alla sezione d’accusa tutti i processi che contenessero qualche assoluzione.
Gli abusi furono tali e tanti, che il generale Di Giorgio, siciliano e niente affatto separatista (era stato Ministro della Guerra di Mussolini), corse a Roma e protestò presso Mussolini in nome della Sicilia offesa. Mussolini, naturalmente, diede ragione ai suoi sbirri e torto a lui:
poiché non era la mafia, no, che si voleva distruggere; bensì lo spirito di libertà del popolo siciliano, spezzandogli la schiena! E appena ebbe capito questo il generale Di Giorgio dimissionò da tutte le cariche, vendette tutti i suoi beni ed emigrò in Inghilterra.
Gli abusi furono tali e tanti che, alcuni anni dopo, Vittorio Ambrosini iniziò una campagna per la revisione di quei processi,
affinché giustizia fosse compiuta, benché tardi, e il danno morale fatto agli innocenti venisse riparato. Ma, come è naturale, non ottenne nulla!
Occorre che ricordi la lista di prefetti e segretari federali, questori e commissari mandati dal continente, come tanti governatori, a tiranneggiarci in questi vent’anni?
Occorre che dica che il professor Frisella Vella fu obbligato a cambiare il titolo della sua innocentissima rivista
“Problemi siciliani” in “Problemi mediterranei”, perché della Sicilia e dei suoi problemi non doveva farsi neppure il nome?
E vennero cambiati i nomi delle strade e delle piazze, affinché nessuna fosse intitolata, per esempio, a Felice Cavallotti che aveva difeso il popolo siciliano contro i suoi carnefici; o, per esempio, a Mario Rapisardi che aveva cantato la libertà del popolo e bollato d’infamia gli oppressori: anzi, si arrivò al punto che, nel 1934, dall’università di Catania venne fatta scomparire la lapide a Rapisardi, dettata da Arturo Graf, che terminava: “Flagellatore implacabile di ogni ingiustizia, viltà o menzogna, visse intemerato, morì da forte; esempio, rimprovero, ammonimento ai contemporanei e ai posteri”. E dire che Rapisardi era catanese! Fu il più grande poeta che abbia dato la Sicilia!
Occorre che dica come persino un deputato fascista, il duca Ugo Giusino di Belsito, quand’ebbe bisogno di conferire con Mussolini per esporgli le gravi difficoltà della nostra isola (si trattava del consorzio di bonifica della valle del Belice) dopo due mesi si sentì rispondere che il Duce non aveva tempo e che parlasse col Ministro? Non aveva tempo per la Sicilia, certo! Ma lo aveva per le sue amanti! Lo aveva per i suoi cavalli!
La principessa di Ganci fu più fortunata. Essa venne ricevuta, un giorno, da Mussolini. Con la fierezza con cui sanno parlare le nostre donne, gli disse in faccia che non riusciva più a pagare le tasse. La ricchissima principessa Ganci, capite, non riusciva più a pagare le tasse! E Mussolini se ne fece una
risata: – Cambi amministratore – le disse, per tutta risposta. Ma ride bene chi ride l’ultimo.
Occorre che dica che ci sono voluti quindici anni prima che Mussolini si accorgesse che in Sicilia ci sono Comuni senz’acqua, senza fogne, senza luce e senza strade? E si degnasse di venire a fare a Palermo quel ridicolo discorso: la Sicilia, centro geografico dell’impero (dell’impero della fame, certo!); la Sicilia, fascista sino al midollo; e per la Sicilia doveva cominciare ora l’epoca più felice della sua storia!
Invece, è cominciato questo: che il fascismo ha moltiplicato gli insulti, le beffe e le angherie!
Non dico con quali criteri assurdi e pulcinelleschi è stata condotta la così detta “redenzione del latifondo”. Sperava forse in questo modo di legare a sé le classi lavoratrici? Ma i nostri contadini e i nostri pastori, signor Mussolini, non sono degli imbecilli! Hanno le scarpe grosse, ma il cervello fino! Dopo essersi visto strappare con gli ammassi il frumento e l’olio, la lana e persino il bestiame, hanno capito che anche la bonifica del latifondo è un trucco: uno dei soliti imbrogli del governo per riempire le tasche ai suoi lacchè!
Guardate, brava gente in camicia nera, come è stata trattata la Sicilia dal governo fascista.
In tutto il continente sono state elettrificate le ferrovie, ma in Sicilia no! In tutto il continente ci sono i doppi binari, ma in Sicilia ce n’è ancora uno solo! E i treni, in Sicilia, sono ancora quelli del secolo scorso, pieni di cimici e di pidocchi, treni che farebbero ridere, se non ci fosse da piangere! E nelle vetture dei treni, in Sicilia, spesso c’è scritto:
“Per le linee sicule”. Certamente sono le migliori vetture, quelle che vengono mandate in Sicilia!
E le strade di campagna dove sono? Per spostarci da un podere all’altro, noi siciliani camminiamo ancora sulle trazzere, su quelle meravigliose trazzere costruite un secolo fa dai Borboni. Su quelle camminiamo! Un secolo di abbandono e di usurpazioni non è bastato ancora a distruggerle! Ma a Mussolini i duemila chilometri di strade che abbiamo in Sicilia sono sembrati troppi. Ed ha preferito andarne a costruire altri quattromila in Etiopia, coi nostri soldi,
affinché se le godesse il Negus!
E intanto le tasse si sono inasprite a vista d’occhio. Ma quali sono le grandi opere pubbliche del regime fascista?
Il porto di Palermo, forse, fatto in una maniera così disgraziata che i grandi piroscafi non possono neppure entrarvi? Ovvero il porto di Catania, di cui una intera diga venne inghiottita dalle acque al primo fortunale, tanto era ben costruita?
Ed ora ci hanno trascinato in guerra. Perché? Che cosa importa a noi dei giapponesi e dei tedeschi? Che cosa importa alla Sicilia della guerra di Mussolini?
Il popolo siciliano è un popolo eroico, sì, ma non è un popolo guerriero. É un popolo laborioso e pacifico. Ora gli tocca di combattere
(perché a Mussolini piace così) in Africa, in Grecia, in Russia. Già 80.000 siciliani, tra morti e feriti, hanno versato il loro sangue per l’ambizione di quest’uomo!
E il danaro dello Stato ormai non vale quasi nulla! Se ne stampa giorno e notte! Siamo tutti rovinati! Ci stanno facendo morire di fame, noi e i nostri bambini!
Mussolini ha mandato i tedeschi nell’isola: hanno occupato d’autorità i migliori alberghi, i più bei palazzi, le più comode ville; si sono installati dovunque da padroni; comprano ogni cosa col nostro denaro; mangiano a due ganasce tutto ciò che è nostro; si
ubriacando; violentano, quando possono, le nostre donne.
Lo sappiamo bene chi sono i tedeschi, dal giorno in cui l’imperatore Enrico VI fece man bassa dei migliori gioielli del palazzo reale di Palermo, che vennero caricati su 150 bestie da soma e trasportati in Germania!
E la Sicilia, con o senza i tedeschi, viene abbandonata ai bombardamenti.
Perché il governo non ha pensato prima alla difesa antiaerea, ai rifugi, alle maschere, allo sfollamento?
Perché ha fatto la guerra, se non era preparato?
E come se tutto ciò non bastasse, ci voleva un’ultima lazzaronata: a un certo momento, Mussolini dà l’ordine che tutti i funzionari siciliani vengano immediatamente trasferiti fuori di Sicilia e sostituiti con funzionari del continente.
Perché? Te ne sei finalmente accorto che la Sicilia non è affatto “fascista sino al midollo”? Che la Sicilia accoglierebbe a braccia aperte e bandiere spiegate gli inglesi, gli americani e chiunque altri volesse aiutarci a riconquistare la nostra libertà e la nostra indipendenza?
Ebbene, quest’ordine inaudito di Mussolini è stato eseguito. In tempo di guerra, capite, la maggior parte dei funzionari siciliani han dovuto abbandonare famiglia, casa, interessi e patria, sbattuti nei posti più lontani e più disagiati!
Ecco come ci ha trattati il fascismo!
Ma i siciliani – si dirà – perché non hanno protestato?
E come potevano protestare 4 milioni di siciliani, quando 40 milioni di italiani non potevano fiatare sotto questo governo di delinquenti?
I siciliani protestarono finché poterono e con tutti i mezzi a loro disposizione.
Dimenticate forse la campagna condotta da più d’uno dei nostri giornali? Rileggete, per esempio, il foglio catanese
“Sicilia Socialista”. Nel 1923 pubblicava questo messaggio di Giacomo Matteotti:
“Siciliani, la vostra terra che, unendosi all’Italia, aveva sperato di veder cessare i regimi personali e assolutisti; la vostra terra che già nel ’94 aveva scosso per prima il giogo di un regime impopolare; vede oggi rifiorire l’arbitrio poliziesco secondo gli ordini che piovono da Roma.
I fascisti non si accorgono che, in una terra come la vostra, ogni soperchieria e ogni violazione dei diritti dei cittadini, aumentano lo spirito di libertà e preparano la resurrezione.
Invano essi ripeteranno al popolo siciliano l’eterna promessa di tutti i governanti: di benefici, di lavori, di commerci.
Invano essi ripeteranno la coreografia dei ricevimenti ufficiali e degli entusiasmi preparati.
Il primo pane dell’uomo civile è oggi la libertà e la giustizia. Queste ci hanno negato. Questo noi dobbiamo conquistare!”.
Un anno dopo, l’on. Matteotti veniva assassinato dai fascisti, per volontà di Mussolini, in un’automobile della Direzione generale di pubblica sicurezza. Leggete quel che scrivevano, allora, i quotidiani siciliani! Non erano forse tutti all’opposizione?
Nel 1924 Gaspare Nicotri, pronunziando a Palermo un coraggioso discorso, terminava col grido di Filippo Turati:
“Date la libertà alla Sicilia!”. Questo discorso venne poi pubblicato sotto il titolo
“Il primato della Sicilia nelle libertà costituzionali”.
In quello stesso 1924, sul foglio torinese “La rivoluzione
liberale”, Gaetano Navarra Crimi scriveva: “In Sicilia tutto è da farsi. Lo Stato non cura la legislazione operaia se non quando ve lo costringono i tumulti di piazza, sempre soffocati, mai prevenuti. Lo Stato non ha mai promosso un istituto che dia ai buoni operai siciliani la casa dove ristorino i corpi e rinfreschino le anime”.
E nel 1925 ripubblicava nel volume “Problemi dell’economia siciliana” questo ed altri articoli, in uno dei quali si poteva leggere ad esempio:
“La Sicilia è la grande malata cui l’Italia rifiuta ostinatamente i farmaci necessari, perché, confinata com’è sotto la punta dello stivale, si ritiene forse non debba esser buona a nulla”.
E persino nel 1934 apparve un grosso volume intitolato La Sicilia, a cura di Arturo Di Castelnuovo. Un libro pieno di stupide lodi verso Mussolini e il fascismo. Senza queste lodi, il libro non si sarebbe potuto pubblicare. Ma qua e là, dove meno te l’aspetti, la verità salta fuori e viene a smentire tutte quelle lodi usurpate.
Dalle prime pagine, in cui l’Accademico d’Italia Francesco Orestano scrive: “Tesaurizzatrice per eccellenza, la Sicilia ha conferito al risparmio nazionale somme ingentissime, che solo in assai piccola parte hanno trovato nella isola il loro impiego, e sono state regolarmente stornate per fecondare altre regioni”.
Alle ultime pagine, in cui Pipitone Cannone scrive: “I sette secoli di ininterrotta decadenza siciliana non sono riusciti a logorare e a infracidire le fibre della razza.
“Il siciliano va annoverato tra i popoli che hanno dovuto cedere alle violenze della storia. Ma al fato storico non si è rassegnato, onde il fuoco del suo vulcano, non ancora spento, attende il momento dell’esplosione!”.
E chi vuol capire, capisca.
Non è vero che il popolo siciliano abbia passivamente subito. Il popolo siciliano ha reagito sempre a tutte le provocazioni.
Dalle elezioni amministrative di Palermo del 1925, nelle quali gli uomini politici palermitani si schierarono concordemente contro il fascismo; alla cospirazione separatista degli universitari e delle universitarie di Palermo, che, scoperti nel 1935, subirono la radiazione dal partito, l’espulsione dall’università, la degradazione nell’esercito, il confino ed il carcere; dal movimento detto del soldino, il solo movimento antifascista serio che vi sia stato in Italia, vero movimento di piazza, iniziato in Messina e capitanato dall’on. Ettore Lombardo Pellegrino (che ci perdette anche la cattedra universitaria); all’audacia di un proto che “per errore” il 3 dicembre 1942 pubblicò in prima pagina sul Popolo di Sicilia un grande ritratto di Mussolini, un ritratto proprio sinistro, con sotto, a caratteri cubitali, su tre colonne, queste parole: Un diabolico responsabile della guerra; uno, dato che l’altro, come si sa, è Hitler (l’edizione fu sequestrata e modificata, ma già tutta Catania aveva potuto vederla): potete seriamente dire che la Sicilia sia rimasta passiva?
La Sicilia ha accumulato la sua bile repressa. Questo sì! Ed ora è veramente al limite della sua pazienza! L’ora della liberazione si avvicina. L’ora della resa dei conti!
ANTONIO
CANEPA (MARIO TURRI)
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