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Febbraio 2002
Sezione
"Poster – Il commento" – Pagina 32
RICOMINCIAMO
SVENTOLANDO LA TRINACRIA
di
Salvatore Natoli – già presidente della Regione Sicilia
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“Centonove”
Una commissione parlamentare ha votato la
riduzione da 30 a 21 membri del Consiglio Superiore della Magistratura ed il governo
ha confermato la volontà di modificare la legge elettorale
“verticale” con cui avvengono le elezioni del CSM e ciò “minerebbe” le fondamenta
dello Stato di Diritto e l’indipendenza ed autonomia della Magistratura. Nulla di vero! La Magistratura
deve in Italia tornare ad essere un “ordine” e non un “potere” assolvendo il suo ruolo
di “terzietà”. Non bisogna stancarsi di ripeterlo finche l’auspicio non diventerà realtà. Intanto il
Senato approva!
Proprio noi Siciliani sappiamo più degli altri che beffa sia stata la dizione di Stato di Diritto,
perché non basta averlo nella Costituzione, quando nella pratica viene ignorato o calpestato.
L’Italia nella sua storia non è stata mai uno Stato di Diritto. Basta un solo esempio lontano
negli anni: il generale piemontese Govone che, con pieni poteri, perseguì i giovani siciliani renitenti
alla leva e cioè al servizio militare obbligatorio che era estraneo alla Storia millenaria
della Sicilia indipendente. Imperversò in Sicilia per un decennio e specialmente nella zona del
Corleonese e di tutte le Madonie, localizzò nei pagliai dei pecorai, i giovani Siciliani; ordinando,
nottetempo, di appiccarvi il fuoco causandone la morte e guadagnandosi in premio l’essere
nominato Senatore del regno. È anche per questo episodio storico, che l’Italia non è stata
mai una nazione, perché per esser tale, una Nazione deve essere il “plebiscito d’ogni giorno”:
altra cosa è uno Stato.
In questi giorni il capo dello Stato Vaticano nonché Papa della Chiesa
Cattolica ha invitato avvocati e giudici a fare gli obiettori di coscienza
in tema di divorzio (niente assistenza legale, niente sentenze); è quasi un invito alla “eversione”;
ma destra e sinistra si sono chiuse nello stesso silenzio. L’interferenza del capo di un altro
stato (il Vaticano) è inequivocabile, ma tranne Pannella, tutti sono rimasti zitti. Da destra si
è proposto di far cantare negli stadi prima della disputa delle partite di calcio, ai giocatori, l’inno
nazionale e centro e sinistra si sono associati. Nelle televisioni di Stato ha avuto più spazio
questa proposta, di quanto ne ha avuto l’aggressione del Capo di uno Stato estero. Il Papa
della Chiesa Cattolica può dire tutto quel che vuole ai cattolici, ma come Capo di un altro Stato non
può interferire e sembra un velo pietoso, quel che la commissione CEI ha voluto stendere (dopo)
precisando che “il Papa parla al mondo”.
Ma voglio restare in Sicilia per esprimere da siciliano tutta l’amarezza nel costatare come, dopo due leggi approvate dall’Ars negli ultimi
tredici anni, circa la metà dei sindaci siciliani non espone la gloriosa bandiera
giallo – rossa della Sicilia, il che mi fa dire, che è come se si vergognassero
di essere siciliani. Le amministrative di Aprile sono una buona occasione per un voto
intelligente e di “dignità siciliana,” punitivo per i tanti sindaci di sinistra, di centro e di destra
che rinnegando la bandiera giallo – rossa hanno dimostrato, nei fatti, di non meritare il voto degli
elettori siciliani. Non è più così per i milioni di siciliani della secolare grande diaspora del
Popolo Siciliano. Essi hanno ripreso la coscienza
di esser figli di un grande Popolo e di un’antica Civiltà. I siciliani di seconda, terza e quarta
generazione nelle loro case e fra di loro parlano la lingua siciliana, tranne
pochi non hanno imparato bene l’inglese ed ancor meno conoscevano la lingua italiana quando, semi –
analfabeti “terrorizzati”, abbandonarono la Sicilia. Questo avviene in Canada, in Australia, negli
USA e nei paesi dell’America Latina. L’“epopea” garibaldina e risorgimentale, insegnataci a scuola, è
fatta di una seria infinita di falsi storici.
Dal giornale del 1861 “Il Contemporaneo” riprendo qualche dato che si riferisce ai primi nove
mesi di “libertà e unità”: i morti fucilati “istantaneamente” sono stati 1841 e fucilati “dopo poche
ore” 7127. Case incendiate 918, paesi incendiati 5, sacerdoti fucilati 54, frati fucilati 22.
La Sicilia di allora mi sembra che avesse molto in comune con quanto avvenuto nella Serbia di
Milosevic o nel Kosovo di Rugova o nella Bosnia del boia di Sebrenica, generale
Mladic.
Nel 1981, rappresentando la Sicilia in Canada, ebbi a Toronto l’invito
a partecipare all’inaugurazione
del Club Sicilia di Windsor. Vi trovai oltre settemila persone, in parte venute dalla dirimpettaia
Detroit, ed una selva di bandiere giallo – rosse e canadesi, ed ho dovuto ritardare
di trenta minuti il mio intervento, perché ho chiesto l’esposizione di almeno una bandiera italiana.
La “questione siciliana” che scoppiò nel 1943 non è ancora chiusa, come tanti ritenemmo con
la conquista dell’Autonomia Speciale della Regione Siciliana, bagnata da sangue siciliano,
versato dai giovani combattenti dell’EVIS.
Il palermitano Pino Modica in un libro scritto nel 1949 e stampato nel 1950 diceva: “I siciliani
in genere, oggi come ieri, sono contro lo stato. Hanno una particolare disposizione di ripulsa
verso lo stato, e per questo è nato il movimento indipendentista. Certo è che, da parte
sua, lo stato non ha mai saputo accattivarsi la simpatia e la fiducia dei siciliani: sia per le tasse
esose, sia per l’arroganza, sia per l’indifferenza, sia per l’uso smodato della forza.” Il palermitano
professor Virgilio Titone, con riferimento agli anni dei 1943 – 1944 della rivolta siciliana,
sentita da quasi tutti i siciliani (e così si comprendono i 500.000 militanti del
MIS), scrive: è “una questione di due estranee civiltà su cui diversamente si intendevano la famiglia, la
terra, lo stato, l’autorità e l’onore”. E lo stesso Titone che non era separatista afferma che “il
separatismo ebbe un’anima e una fede.”
Anima e Fede non esistono più ma, nell’Europa dei Popoli o nell’Europa degli Stati, la Speranza
permane. Il lungo viaggio verso l’oblio sembra non aver fine, ma temo che brusco sarà
il risveglio.
SALVATORE
NATOLI
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